IL TRIBUNALE

    Sciogliendo  la  riserva  formulata  il  16 maggio 2000, letti ed
  esaminati gli atti,

                            O s s e r v a

    Con  ricorso  depositato  in  data  8 maggio 2000 la sig.ra Tosku
  Tatjana,  cittadina  albanese,  proponeva  opposizione  ex art. 11,
  comma 8, lex n. 40/1998, oggi art. 13 d.lgs. n. 286/1998 avverso il
  decreto  di  espulsione  dal  territorio  nazionale del prefetto di
  Palermo,   cat.  A  11/00  del  18  aprile  2000,  notificatole  il
  successivo 2 maggio.
    A  sostegno  del  ricorso  l'istante deduceva: di avere contratto
  matrimonio  in  data  1o dicembre  1990 con il sig. Toska Viron, in
  possesso  di  regolare permesso di soggiorno in Italia rinnovato in
  data  13  gennaio  2000 e valido fino al 12 gennaio 2002; di essere
  residente  in  Bagheria  unitamente alla propria famiglia nucleare,
  comprensiva  del  figlio  Francesco  Toska nato il 2 novembre 1992,
  altresi'  evidenziando  come il predetto minore risultasse iscritto
  alla  classe  seconda presso la scuola elementare Luigi Pirandello;
  di  non avere potuto ottenere il permesso di soggiorno per cause di
  forza   maggiore,   attribuibili   alle   difficolta'  di  corretta
  informazione  cui  sarebbe soggetto il cittadino straniero, che per
  lingua,  cultura  e carenza di strutture della p.a. non verrebbe il
  piu'  delle volte posto nell'effettiva condizione di regolarizzare,
  pur avendone l'intenzione e l'interesse, la propria posizione.
    Con  decreto  del 13/15 maggio 2000, questo giudice disponeva, ex
  art.  13-bis  d.lgs.  n. 286/1998,  introdotto  dall'art.  4 d.lgs.
  n. 113 del 1999 e 737 c.p.c. la comparizione delle parti.
    All'udienza   fissata  compariva  la  ricorrente,  assistita  dal
  proprio legale, mentre il prefetto di Palermo, ritualmente avvisato
  mediante notifica a mezzo fax, autorizzata da questo giudice stante
  la ricorrenza di motivi di urgenza, riteneva di non comparire.
    Sulla  scorta delle informazioni assunte ex art. 737 c.p.c. dalla
  ricorrente il giudice si riservava di decidere.
    Preliminarmente,  alla  luce del dettato dell'art. 13-bis cit. ed
  in   relazione  alla  sanzione  di  inammissibilita'  dallo  stesso
  comminata  per l'ipotesi di presentazione oltre cinque giorni dalla
  notifica,  rileva  questo  giudice  la  tempestivita'  del proposto
  ricorso,  atteso  che  il  termine  in questione sarebbe scaduto in
  giorno  festivo  e  dunque, ai sensi dell'art 155 c.p.c., lo stesso
  deve  ritenersi  prorogato  di  diritto  al  primo  giorno  feriale
  successivo.
    Ancora  in  via  preliminare  deve essere affrontata la questione
  relativa  all'individuazione del giudice competente a conoscere del
  proposto  ricorso,  alla luce delle modifiche introdotte al comma 9
  dell'art. 13,  d.lgs. n. 286/1998, dall'art. 3, d.lgs. n. 113/1999;
  quest'ultimo  prevede,  nella  sua  attuale  formulazione,  che  il
  ricorso vada presentato al pretore - oggi tribunale in composizione
  monocratica  - del luogo in cui ha sede l'autorita' che ha disposto
  l'espulsione,  laddove nella precedente formulazione della norma in
  esame la competenza era determinata dal luogo di residenza o dimora
  dello straniero.
    Ora,  tenuto  conto  del termine invero assai ristretto entro cui
  deve  essere  presentato  il  ricorso  (termine,  come  detto, oggi
  espressamente  previsto  a  pena  di inammissibilita' e che gia' in
  passato    la   giurisprudenza   aveva   considerato   perentorio);
  considerata  il consolidato principio, oggi tradotto anche in norma
  di  legge,  secondo  cui  i  rapporti  tra  la  sede principale del
  tribunale  e  le  sezioni  distaccate  non si pongono in termini di
  competenza  territoriale,  bensi'  di  organizzazione  di  ufficio,
  ritiene   questo   giudice  che  rispetto  alle  suddette  esigenze
  organizzati  ve  debba,  nel  caso  di  specie, assumere prevalenza
  l'esigenza di addivenire all'emissione di una pronuncia nei termini
  di cui all'art. 13, comma 9, cit.
    Ed   invero   i   fisiologici  tempi  dell'amministrazione  della
  giustizia (designazione del giudice assegnatario, trasmissione allo
  stesso  del  fascicolo,  esame  dello stesso), se ad essi dovessero
  sommarsi anche quelli per la trasmissione alla sede del tribunale e
  della fissazione dell'udienza ex art. 737 da parte di quest'ultimo,
  determinerebbero  la  frustrazione di quelle esigenze di certezza e
  celerita' cui risulta improntata la normativa de qua, dovendosi tra
  l'altro   considerare   che  la  proposizione  del  ricorso  non  e
  sospensiva dell'efficacia del decreto di espulsione.
    Diversa  soluzione,  chiaramente,  dovrebbe  adattarsi laddove lo
  straniero  risiedesse  o  dimorasse in un comune che si trovi al di
  fuori  del  circondario  del  tribunale  del  luogo  in cui ha sede
  l'autorita'  opposta,  assumendo  in  tal  caso il problema tutti i
  connotati di una ordinaria questione di competenza
    Cio'  posto ritiene questo giudice doversi sollevare la questione
  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  17 della legge 6 marzo
  1998  n. 40,  cosi'  come  recepito  dall'art. 19  del  t.u.  delle
  disposizioni  concernenti  la  disciplina dell'immigrazione e norme
  sulle condizioni dello straniero, nella parte in cui non prevede il
  divieto  di  espulsione  dello straniero coniugato e convivente con
  altro  cittadino  straniero  in  possesso  di  regolare permesso di
  soggiorno, almeno fino alla data di scadenza di quest'ultimo.
    Ed  invero,  posto  che  l'adozione del decreto di espulsione nei
  confronti  dello  straniero  che  abbia  omesso  di  richiedere  il
  permesso  di  soggiorno  costituisce  per l'autorita' procedente un
  atto dovuto che puo' essere superato soltanto dall'esistenza di una
  causa  di  forza  maggiore  ovvero  dalla  ricorrenza  di una delle
  circostanze  previste  dall'art  17  cit.,  la  questione appare di
  indubbia   rilevanza   ai   fini   della   decisione,  nonche'  non
  manifestamente infondata, in quanto:
        1)  la Costituzione, all'art. 2, riconosce e garantisce anche
  allo straniero i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo che
  nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita'.
    Non  vi  e'  dubbio che tra i diritti inviolabili dell'uomo debba
  essere  ricompreso  quello  di formarsi e mantenere l'unita' di una
  famiglia   i  cui  diritti  quale  societa'  naturale  fondata  sul
  matrimonio  sono  inoltre  espressamente  riconosciuti dall'art. 29
  della  Costituzione  e  dalla  convenzione  per la salvaguardia dei
  diritti dell'uomo ratificata con legge n. 848/1955.
    Tali  obiettivi,  peraltro,  sono stati tenuti presenti anche dal
  legislatore ordinario nell'emanazione del t.u. cit., che all'art. 2
  espressamente   riconosce  allo  straniero  comunque  presente  nel
  territorio  dello  Stato i diritti fondamentali della persona umana
  previsti  dalle  norme  di cui sopra, nonche' dalle ulteriori fonti
  ivi richiamate.
    Cio' nonostante la piu' volte citata normativa non prevede tra le
  ipotesi di divieto di espulsione quella dello straniero coniugato e
  convivente con altro straniero regolarmente in possesso di permesso
  di   soggiorno,  introducendo  cosi'  una  evidente  disparita'  di
  trattamento  rispetto  allo  straniero  coniugato  e convivente con
  cittadino italiano; quanto sopra appare ancora piu' incomprensibile
  ove  si  abbia  riguardo  alla  previsione  dell'art. 28  s.l. che,
  all'opposto,  riconosce  il  diritto  a mantenere od a riacquistare
  l'unita'  del  proprio nucleo familiare "agli stranieri titolari di
  carta  di  soggiorno  o  di  permesso  non  inferiore  ad  un  anno
  rilasciato  per motivi di lavoro autonomo o subordinato, ovvero per
  motivi di studio, asilo o per motivi religiosi".
    Nel  caso  di  specie,  infine,  viene  pure in considerazione il
  superiore  interesse  del  fanciullo di cui al comma 3 dell'art. 28
  l.c.,  che,  in conformita' a quanto previsto dalla convenzione ivi
  richiamata,  impone alle autorita' giudiziaria ed amministrativa di
  valutare  l'impatto  degli  assumendi provvedimenti sul processo di
  crescita del minore; nel caso di specie, ci si trova in presenza di
  un  soggetto  in  tenera eta' gia' pienamente integrato nel tessuto
  sociale  del  nostro  Paese  e  per  il  quale  sarebbe di indubbio
  nocumento il distacco, anche temporaneo, dalla madre.
    In   buona   sostanza,  la  mancata  previsione  del  divieto  di
  espulsione   del   coniuge   di  cittadino  straniero  regolarmente
  soggiornante  appare  in  contrasto con i principi ispiratori della
  legge n. 40/1998 e successive modificazioni, nonche' con i principi
  di  eguaglianza  sostanziale  e  di  tutela  e riconoscimento della
  famiglia.
    Sulla  scorta di quanto premesso deve procedersi alla sospensione
  del  presente  giudizio  ed  alla trasmissione immediata degli atti
  alla   Corte   costituzionale  per  la  decisione  sulla  sollevata
  questione  di  legittimita',  da  ritenersi,  per le ragioni di cui
  sopra, rilevante e non manifestamente infondata.
    Nelle  more,  atteso  che  la  proposizione  del  ricorso  non ha
  carattere  sospensivo  dell'efficacia  del  decreto  di espulsione,
  ritiene  questo giudice doversi accogliere la richiesta di adozione
  di  un  provvedimento  cautelare  ex  art. 700  c.p.c.  in grado di
  salvaguardare  le ragioni della ricorrente attesa della definizione
  del presente giudizio.
    Nessun  dubbio puo' sussistere in ordine alla adottabilita' di un
  provvedimento  d'urgenza  nei  confronti dell'autorita' prefettizia
  opposta,  ben  potendo  il  giudice  ordinario,  nelle controversie
  devolute alla propria giurisdizione, esercitare il potere cautelare
  in funzione strumentale rispetto all'azione esercitata.
    Circa  poi  la  utilizzabilita'  della  tutela  in  via d'urgenza
  soltanto   rispetto  a  situazioni  giuridiche  qualificabili  come
  diritti soggettivi e non anche quali meri interessi legittimi, deve
  ritenersi  che  la  questione  sottoposta alla cognizione di questo
  giudice  possa,  per quanto sopra esposto, farsi rientrare finanche
  nell'ambito  dei  diritti  costituzionalmente  garantiti,  e dunque
  inserirsi   nel   filone   inaugurato  dalla  sentenza  delle  s.u.
  n. 5172/1979.
    Deve   quindi   ordinarsi   la   sospensione  dell'efficacia  del
  provvedimento  opposto  nelle  more  della definizione del presente
  procedimento  e  della  risoluzione  della  sollevata  questione di
  legittimita' costituzionale.